giovedì 29 aprile 2010

Palazzo del Lavoro e sanità piemontese

Immaginando un pezzo di città vuota, priva di giardini e impianti spotivo-ricreativi l'idea sarebbe geniale. Alle porte della città, vicino alle molinette e al CTO (oltre che al Sant'Anna e al Regina Margherita), servita dalla tangenziale...
Ma quel pezzo di città non è vuoto, lo dice il nome stesso "Italia 61"e lo testimonia un palazzo bellissimo, il "Palazzo del lavoro" diventato celebre per le strutture a fungo (qualche docente le paragona alle strutture a fascio delle cattedrali gotiche) progettate dall'ing. Nervi e entrate a buon diritto in tutti i libri di architettura del '900.
E allora bisogna fare almeno due considerazioni, una di carattere architettonico e una di carattere urbanistico.
In primo luogo chiunque si occupi di edilizia sanitaria sa che le strutture dovrebbero essere sempre all'avanguardia per essere in grado di supportare le tecnologie sempre più avanzate richieste dalla scienza medica. E ciò non si può circoscrivere all'area delle sale operatorie perchè anche i reparti devono essere dotati dei servizi necessari che sono per lo più invisibili all'utenza (ecco perchè non si può pensare di continuare a implementare, trasformare, riadattare le Molinette e gli altri ospedali di vecchia concezione).
Inoltre credo sia evidente a tutti che il Palazzo del Lavoro è nato per permettere una visione d'insieme della copertura sia dall'interno che dall'esterno. E' quindi evidente anche il fatto che i locali di cui necessita una struttura sanitaria sono di minor respiro (molto minore!) e necessitano di una climatizzazione impensabile per quello scatolone di vetro e cemento... Insomma, bisognerebbe suddividere il Palazzo in piani, coibentarlo (magari scavarlo per sottoporvi un parcheggio) e - orrore! - qualcuno ci direbbe che una, al massimo due campate, possono rimanere a vista per testimoniare "quella che era l'idea originaria dell'ing Nervi". Per una volta, insomma, spero che intervenga la Sovrintendenza ai beni architettonici a dire no allo scempio.
E poi uno sguardo all'insieme. Non è che piace l'idea di mettere lì l'ospedale così si possono usare i giardini per fare i parcheggi, l'atterraggio dell'elicottero (o lo facciamo scendere al CTO e poi blocchiamo l'ambulanza in via XXmiglia?), magari un tunnel di collegamento agli altri ospedali?
E se ci fosse una manifestazione al Palavela cosa succederebbe? Blocchiamo l'ospedale?
Ma è possibile che non si riesca a capire che non è possibile - per cose importanti come gli ospedali - continuare a rattoppare l'esistente? Coloro che predicano che la Città della Salute deve rimanere a Torino lo sanno che il motivo per cui i centri commerciali vanno in periferia è proprio per la possibilità di creare strutture libere da condizionamenti dovuti alla posizione (cosa che vale anche per un ospedale) ma pensate unicamente per la loro funzionalità soprattutto logistica? E che questo tipo di scelta aiuta anche ad abbassare di molto i costi di costruzione? E che un luogo nella cintura agevolerebbe gli spostamenti delle ambulanze? E che il parcheggio per gli utenti lì è scarso e costoso?
Già i parcheggi. Non sono mica un argomento da poco. Pagare cifre salate (e multe peggiori) per andare a farmi curare o a trovare un malato mi sembra un taglieggiamento "tanto non posso farne a meno", mentre nei centri commerciali parcheggio gratis, perchè così continuo a servirmi da loro... Ma è questa l'urbanistica che pensiamo? Ben venga un ospedale nella cintura quindi, ben venga l'ospedale a Grugliasco che era già stato valutato a ragion veduta.
E allora mi spiace per chi pensa che al Palazzo del Lavoro sia meglio un ospedale che un centro commerciale. L'ospedale proprio no. Il centro commerciale va valutato con i cittadini, la circoscrizione, gli operatori del mercato rionale. Forse non sarebbe una buona soluzione. Ma neanche l'ospedale. E le due cose non sono le uniche possibili.

mercoledì 28 aprile 2010

Petali, sedi e comitati

Oggi sono in vena di concedermi anch'io un po' nostalgia. Per i giorni in cui il nostro amico Marco regalava alla nascente Margherita la progettazione della sede nuova fiammamante, in via Palazzo di Città. In qualità di architetto io ai luoghi mi affeziono. Un giorno sono apparse i manifesti: si vedeva una famigliola, con il padre di schiena che portava la bimba sulle spalle, e la scritta SONO PARTITO DEMOCRATICO E NON TORNO INDIETRO. Da lì a poco la nostra sede ha rottamato i petali ed è apparso il logo del PD. Che strano effetto. Sapevo di essere ancora a casa ma c'era qualcosa che non riconoscevo. Nel mentre ci siamo clonati a poche vetrine di distanza. Hanno detto che noi eravamo CORAGGIOSI. Ma io iniziavo ad avere dubbi sul noi, e sul coraggio. Nel clone mi sentivo sempre ospite. Ma nel frattempo l'originale mi sbatteva fuori definitivamente, era diventato IL COMITATO. In ultimo per entrarci mi hanno dovuto raccomandare perchè "non avevo il pass". Oggi è vuoto. Spento. Buio. Pieno di scatole. Mi sento svuotata, e nostalgica. Del clone non mi importa niente, ma leggo le notizie che ne parlano. http://www.lospiffero.com/index.php?option=com_content&view=article&id=456:portas-rileva-la-bottega-di-peveraro&catid=6:sottoscala&Itemid=4

lunedì 26 aprile 2010

Destra e 25 aprile

Chiedo ad un amico, un attivista, uno più anziano e esperto di me. Come fanno negli altri comuni? Quelli di destra intendo. Cosa fanno il 25 aprile? Non commemorano? Non vanno alle manifestazioni? Lasciano che a manifestare siano solo i cittadini che ci credono, senza autorità? Non capisco.